Prove di dialogo (racconto breve)

E dai, ti prego, basta con le “cose da donna” e le “cose da uomo”; basta con la storia dei ruoli e roba del genere, anzi… “di genere”! Tu dici: «E se questa storia dipendesse proprio dalle donne?». Ancora? Scusa, ma quante volte la malattia universale dovuta a un virus inculcato da voi maschi deve dipendere da noi donne? Quante volte ancora dovremmo accettare sulle nostre spalle il frutto delle vostre paure?Caro figlio, lasciami dire che quando hai visto la luce del sole uscendo dal buio della mia caverna e quando il tuo pianto ha spinto tuo padre verso il pianto, mentre io mordevo il labbro inferiore assaporando il sale del mio stesso sudore, non pensi che in quello stesso momento potevamo superare quel luogo comune che a me impone la sensibilità e a tuo padre la forza? E adesso, ti prego, non accusarmi di essere stata io a trasmetterti certi stereotipi, perché io non ti ho mai vietato di piangere facendo ricorso all’alibi della mascolinità. Io non ho mai rifiutato di fare anche “cose da uomo” per prendermi cura di te.E giacché ci siamo, lasciami dire che, se mi sono affacciata alla conoscenza mangiando quella mela benedetta/maledetta, non è stato perché ero sciocca, o ero “costola” (che è peggio ancora), ma solo perché ero curiosa, tanto curiosa. E non me ne sono vergognata, né allora né adesso, mentre tuo padre continua a provare vergogna per quell’infrazione commessa verso un Creatore immaginato come un maschio irascibile e muscoloso. Ora tu mi chiedi se sono pronta ad accettare l’eguaglianza altrimenti detta “pari opportunità!”. E allora tu, dimmi, ti senti pronto ad accettarla la cosiddetta uguaglianza oppure, con questa domanda, proietti su di me le tue difficoltà? E sei pronto ad accettare me, la mia persona, insieme al mio corpo che ti ha dato vita, al mio cuore che ti ha amato e alla mia testa che ti ha insegnato ciò che nessuna scuola saprà insegnarti mai? Che tu lo voglia o no, che tu lo sappia o no, sono stata la tua prima maestra, il tuo medico, l’architetto dei tuoi primi castelli, perché io posso fare tutto ciò che fa un uomo e anche quello che egli non potrà mai. Posso dare vita proprio come un Creatore, il che spiega molte cose, a cominciare dalla Sua “gelosia”, che Egli non è riuscito a smaltire del tutto.Sta proprio in questa “gelosia”, forse, l’origine di tutti i ruoli e di molti mali. Ecco spiegata l’origine della mentalità che divide carnefici e vittime. Sai, io posso accettare tutto, tranne quest’ultima idea, perché non accetterò mai il ruolo di vittima. Lo rifiuto con forza. Anzi, con la stessa forza affermo che, al posto di accettare ulteriormente, noi donne dovremmo cominciare a rifiutare e a chiedere che ci venga restituito ciò che, se ci pensi bene, “in principio” era nostro. Ad esempio, chiedo ai migliori chef di lasciarci un po’ di spazio nelle cucine al di fuori dei fornelli domestici, dove invece trionfa l’ordine pre-stabilito, servito in tutte le salse: mamma, ho fame; mamma, mi fa male; mamma, come si dice? come si scrive? A proposito, lo vedi? Pure alla lingua che parli hai dovuto dare il mio nome, chiamandola “madrelingua”.Per tutto questo e altro ancora, stai attento a non passare, sia pure involontariamente, dalla parte di quelli che mi hanno giudicata come immorale, prostituta, strega, tentatrice, stupida e cose del genere, anzi… “di genere”.In fin dei conti, solo a volerlo, noi due possiamo provare a essere fratelli.No, non hai capito male; ho detto proprio“fratelli”!

Pubblicato da Milica Marinković

Zdravo! Mi chiamo Milica Marinković, sono nata e cresciuta in Serbia. Molto presto ho incominciato a esplorare culture nuove attraverso le loro lingue. Dapprima quella inglese, poi quella francese e finalmente quella italiana. Dulcis in fundo, direi, perché quest’ultima scelta ha avuto il maggior impatto sulla mia vita. Infatti, dopo aver conseguito la Laurea e il Master in Lingue e letterature romanze all’Università di Belgrado, mi sono trasferita in Italia, dove ho iniziato i miei studi di dottorato di ricerca. In Serbia ho avuto la fortuna di essere stata borsista statale e comunale per tutta la durata dei miei studi, in Italia ho ottenuto la Borsa di studio del Governo italiano, ma il 2014 mi ha vista vincitrice della prestigiosa borsa di studio canadese Bourse Gaston-Miron, offertami dall’Associazione Internazionale degli Studi Quebecchesi (AIEQ). Dopo essermi perfezionata in Canada come ricercatrice in Letteratura francofona, ho conseguito il titolo di Dottore di ricerca presso l’Università degli Studi di Bari, anche se i miei studi e le mie ricerche non sono tutt’ora terminati. Infatti, mi ritengo un’eterna studentessa e ricercatrice e ciò si riflette sulle mie esperienze lavorative che richiedono continui approfondimenti ed evoluzioni. I miei ambiti professionali sono insegnamento, traduzione e scrittura. Subito dopo il diploma liceale ho iniziato a insegnare il francese ai più piccoli e allora ho capito che non avrei mai smesso di trasmettere le mie competenze agli altri. Ad oggi ho accumulato diverse esperienze come insegnante di francese, italiano e serbo, sia nella pubblica istruzione, nell’ambito universitario, aziendale e privato. Come traduttrice, oltre alla traduzione dei documenti, posso ritenermi orgogliosa di aver dato la voce italiana a uno dei maggiori scrittori della letteratura serba, Jovan Dučić, traducendo, insieme alla collega Valeria Uva, il suo capolavoro Città e chimere (Bari, Stilo Editrice 2015), così come a Vladan Matijević, uno dei più importanti scrittori contemporanei, traducendo il suo romanzo Lezioni di gioia (Lugo, WhiteFly Press 2015). Coltivo la mia passione per la scrittura in lingua italiana sia come autrice di romanzi (al mio attivo ci sono Piacere, Amelia, pubblicato nel 2016 dalla casa editrice barese Les Flâneurs Edizioni e In serbo, uscito nel 2019 sempre per i tipi de Les Flâneurs) e di diversi racconti, pubblicati su riviste e raccolte, come curatrice di varie antologie poetiche, come redattrice della rivista “incroci” (Bari, Adda Editore). E, naturalmente, come blogger di questo sito.

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