Oggi ti racconterò un po’ del mio viaggio a Višegrad, in Bosnia. Questa città è davvero vicina al confine con la Serbia, quindi non perderti l’occasione di visitarla se ti trovi nelle vicinanze. Ma, come avete ben indovinato, questa città è famosa per la sua magnifica costruzione – il ponte sulla Drina, com’è il titolo del romanzo del nostro scrittore più famoso, Ivo Andrić. Questa è stata la mia prima volta a Višegrad, parecchi anni dopo la mia ultima rilettura di “Na Drini ćuprija”. Prima di arrivarci, immaginavo che sarei stata stracolma di gioia e allegria di essere finalmente lì, ma è stato completamente diverso. Una volta arrivata vicino al ponte, quasi non osavo metterci piede. Uno strano sentimento di non idoneità, di inferiorità rispetto a non so che cosa – se alla magnifica costruzione in sé, o alla magnifica opera letteraria di Andrić. Dentro di me si risvegliava il dolore che provavo durante le letture e venivano agli occhi quelle lacrime che non riuscivo a controllare mentre leggevo in che modo maestoso lo scrittore aveva descritto l’agghiacciante pratica del devscirme – danak u krvi – la cosiddetta “tassa di sangue”. “La pratica era un sistema di arruolamento forzoso in vigore dal XIV al XVII secolo nei territori cristiani conquistati dall’Impero ottomano e ordinato dai sultani come una forma di normale tassazione per formare un esercito di schiavi leali (in precedenza costituito soprattutto da prigionieri) e reclutare la classe di amministratori (militari) dei “Giannizzeri”, o di altro personale da dedicare per esempio al servizio di custodia nei bagni pubblici (Hammam). Questi ragazzi erano detti acemi oğlanlar (“ragazzi coscritti”) ed erano per la gran parte cristiani rinnegati provenienti dalla regione balcanica, di cultura serba, ungherese e albanese” (da Wikipedia). Così i ragazzini di 12 anni venivano violentemente strappati alle loro famiglie e portati via per sempre. Per me, queste sono le pagine psicologicamente più pesanti tratte da “Il ponte sulla Drina”, dove si sentono letteralmente le urla delle madri che correvano dietro i cavalli per vedere per l’ultima volta i volti dei propri figli, dove si descrive come venivano frustate dai Turchi non appena si avvicinavano ai cavalli che galoppavano, dove ripetevano all’infinito i nomi di battesimo dei propri figli, nomi che l’indomani sarebbero stati cambiati in Ibrahim, Ali o Mehmed… L’ultimo nome è stato dato proprio al creatore del ponte, Mehmed-paša Sokolović, la cui origine serba Andrić spiega in modo dettagliato all’inizio del romanzo. La figura di quest’uomo, diventato Vezir (oggi corrisponde al titolo del primo ministro), si sente lungo l’intero libro. Andrić, anche se non definibile da nessun parametro letterario o storico, come accade con tutti i grandi scrittori, in modo romantico presenta un Mehmed-paša a tratti nostalgico, legato alle origini, come se durante tutta la vita non avesse dimenticato il pianto della madre che l’aveva accompagnato alla fine di ciò che era stato con la sua nascita e la sua cultura.
Io mi fermo qui per adesso, mi rendo conto di avervi, forse, un po’ annoiato con questa storia, ma ho voluto presentarvi il Ponte e Andrić anche se in una minuscola parte rispetto a quello che veramente sono.
Dopo aver visto il Ponte, mi sono detta che, forse, non sarebbe stato male prima vederlo e poi leggere il romanzo. Non saprei. Una cosa è sicura – sia l’uno che l’altro ti procurerà emozioni irripetibili. Nella prossima newsletter continuerò a parlarti di Višegrad e di Andrićgrad, una piccola città costruita recentemente in onore di Ivo Andrić, grazie in primo luogo a Emir Kusturica, il famosissimo regista.
Tu hai già letto Il ponte sulla Drina? Esiste anche in italiano, lo trovi facilmente in qualsiasi libreria o online.